"Il ciclo del Re di Pollena" - Parte terza

No, non ci aveva pensato né l’indomani, né il giorno seguente.


Preso da impegni di varia natura, non era ancora riuscito a ritagliare nelle sue giornate il tempo necessario per continuare a leggere lo strano libro che sembrava essere comparso dal nulla nella libreria della casa nella quale viveva.


Ma la bizzarra storia contenuta in quelle pagine era stata una sorta di tarlo nella sua mente: nei momenti più disparati, si era ritrovato a pensare ai tre Consiglieri e a quell’enigmatico Re.


Così, una sera, nonostante la stanchezza, decise di tornare ad aprire il libro, per leggerne il secondo capitolo, “Cospirazioni”.


Mezzanotte era passata da un pezzo. L’aria era diventata ancor più fresca da quando la sera si era trasformata, inavvertita ma inesorabile, in notte. Il cielo settembrino si offriva ora ornato di numerose stelle, ma certe erano nascoste da nuvole bianche e vaporose. Forse pioverà, pensò fra sé e sé il giovane non appena, oltrepassato il cancello, si ritrovò sulla Murata. Camminava con lentezza e circospezione nel tentativo tutt’altro che facile di evitare di attirare attenzione. 

Sapeva bene che la zona che stava attraversando era particolarmente sensibile e che uno o più sguardi indiscreti potevano essere puntati su di lui, ma non poteva fare a meno di passare di là. Maledisse il destino: proprio in quel periodo doveva capitare quell’incidente?

Passo dopo passo sentiva l’inquietudine crescere dentro di sé. Né erano d’aiuto alla sua tranquillità i latrati lontani dei cani che rompevano il silenzio della notte altrimenti tranquilla. Forse quegli stupidi animali abbaiavano a causa dei suoi alleati.

Alleati.

Quando questa parola gli si formò nella mente non riuscì a trattenere una risata di scherno verso chi li aveva reclutati. Il conte A. si vantava tanto di avere conoscenze di ogni sorta e di poter suggerire sempre l’uomo più adatto per ogni occasione, eppure quegli uomini che aveva coinvolto nel progetto sembravano dei perfetti idioti. No, non erano suoi alleati, erano soltanto pedine di poco conto in un gioco pericoloso e terribile, gioco a cui anch’egli stava partecipando nel tentativo di migliorare quanto più possibile la propria posizione. Era sempre stato ambizioso e al tempo stesso intelligente: rimasto a lungo al proprio posto, aveva saputo intuire che il vento stava per cambiare e non aveva esitato a cogliere al volo l’opportunità che gli era stata concessa.

Quando finalmente raggiunse il luogo convenuto per quell’incontro clandestino, il battito del suo cuore poté finalmente rallentare. Prima di bussare alla porte lignea che costituiva l’unica entrata di quella stamberga gettò però un’occhiata dietro di sé. No, nessuno lo aveva seguito, sebbene non potesse escludere di essere stato visto da qualche sentinella. Tre colpi secchi e decisi risuonarono nell’aria e dopo pochi secondi la porta si aprì. Il giovane entrò nel buio della stanza e fu investito dall’odore di silicone che avvolgeva l’intero ambiente.

«Sei in ritardo» disse una voce che si sforzò di essere calma. Proveniva dal centro del locale, sicuramente da una persona che stava seduta. Evidentemente qualcun altro si muoveva tra le tenebre.

«Lo so anch’io».

«Ebbene?» chiese l’altro, ancor più stizzito di quanto non fosse già a causa della risposta del suo interlocutore.

«Si sono visti. Hanno parlato per più di un’ora. La loro intenzione è quella di chiedere udienza al re e…» fece una pausa. I suoi occhi si abituavano sempre più al buio, sebbene non riuscisse ancora ad individuare chi aveva aperto la porta.

«E? Continua…».

«Vogliono parlare con voi».

La persona che parlava nel buio fu sorpresa e rimase interdetta. Volevano parlare con loro. Chissà con quali modalità, se in maniera pubblica o in gran segreto. Per dire cosa, poi, non lo riusciva a immaginare. «Con noi tre insieme o singolarmente?» chiese con esitazione.

«Singolarmente».

La risposta non gli piacque affatto. Urgeva concertare una strategia comune con gli altri. I tre Consiglieri del Viale sapevano infatti essere degli ossi duri: era meglio non lasciarsi trovare impreparati.


Carmine De Cicco


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