LA RABBIA / "Ambiente, Animali e Veterinaria"

La rabbia è una malattia infettiva che colpisce gli animali a sangue caldo e può essere trasmessa all'uomo (zoonosi). L'agente eziologico è il virus della rabbia, appartenente al genere Lyssavirus, della famiglia dei Rhabdoviridae, ordine Mononegavirales. L'animale serbatoio è solitamente il pipistrello, mentre l'infezione umana è mediata solitamente da cani nel ciclo urbano o da volpi nel ciclo silvestre in Europa, e da altri canidiselvatici nel resto del mondo. Il Lyssavirus responsabile della patologia possiede un genoma che consta di RNA a singolo filamento a segno negativo. Per essere tradotto in proteine deve quindi prima di tutto essere trascritto in mRNA (a segno positivo). È dotato di pericapside e presenta una simmetria elicoidale. Per penetrare nelle cellule utilizza il legame con fosfolipidi presenti sulle membrane di cellule che possiedono:

• recettori per l'acetilcolina

• recettori per il Nerve Grow Factor (NGF)

• molecole di adesione neuronali

 

Presenta quindi tropismo per fibre muscolari e cellule nervose, cosa che spiega il particolare decorso della malattia.

 

La rabbia può essere trasmessa dagli animali all'uomo, generalmente in seguito a morsicatura ma anche da canidi selvatici, roditori, pipistrelli frugivori, insettivori. Tramite questa il virus, presente nella saliva del contagiante, può penetrare nell'organismo e andare a infettare le fibre muscolari della zona colpita, dove compie la prima replicazione. Dopo questo avvenimento, migra a livello delle fibre nervose, dove può risalire in senso antidromico legandosi alla dineina, il virus può avanzare circa 5/6 cm al giorno per cui la morsicatura in faccia risulta essere la più pericolosa che necessita di una repentina vaccinoterapia oltre che della somministrazione immediata di immunoglobuline per il rischio che il virus raggiunga il sistema nervoso centrale prima che si sia sviluppata l'immunità vaccinale. Invade poi tutto il sistema nervoso centrale, decorrendo infine nuovamente verso la periferia lungo gli assoni dei nervi cranici in particolare il trigemino attraverso cui arriva alle ghiandole salivari dove compie un'altra replicazione, modalità con cui il virus cerca di diffondersi appunto attraverso il morso. Sono tipiche le inclusioni intracitoplasmatiche eosinofile (dette corpi del Negri) a livello di: corteccia, cervelletto, corno d'Ammone e cellule del Purkinje, metodo ormai superato per test più moderni quali l'immunofluorescenza. La patologia si sviluppa nell'uomo, dopo un'incubazione che varia da dieci giorni a un anno (di solito dalle tre alle otto settimane, la cui durata varia molto in proporzione alla sede di inoculazione e alla carica virale), in tre fasi:

 

Fase prodromica: dopo il morso si possono rilevare sintomi aspecifici, quali febbre, cefalea, mialgia. L'unico sintomo specifico, che si presenta nel 60% dei casi, è una parestesia nella sede del morso.

 

• Fase di latenza o "rabbia furiosa". Tipica di questa fase è l'idrofobia, un laringospasmo doloroso in seguito al tentativo di far bere il paziente (negli animali tale sintomo non si verifica).[1]

 

• l'ultima fase è quella terminale, quando cioè il virus ha colonizzato i tessuti del sistema nervoso centrale e in cui si hanno sintomi neurologici. La sintomatologia prevalente (75% dei casi) è di tipo furioso (forma furiosa), con aggressività, irascibilità, perdita di senso dell'orientamento, allucinazioni, iperestesia, meningismo, lacrimazione, aumento della salivazione, priapismo,eiaculazione spontanea, Babinsky positivo, paralisi delle corde vocali e idrofobia. Nel restante 25% dei casi si ha una sintomatologia di tipo paralitico (forma paralitica).

 

In ogni caso, la comparsa dei sintomi specifici dopo la fase di latenza coincide pressoché sempre con un esito infausto della patologia, che porta alla morte in tempi variabili, salvo pochissimi casi isolati di remissione[2].

 

Esiste un vaccino, creato da Louis Pasteur, che può essere somministrato prima di un'infezione, a scopo profilattico, o dopo una sospetta inoculazione del virus, a scopo terapeutico con dosi ripetute ai giorni 1, 3, 7, 14, 28, 90 dal morso. In questo caso si associa anche la somministrazione di γ-globuline iperimmuni prelevate da pazienti già vaccinati particolarmente importante in caso di morso vicino al sistema nervoso centrale (ad esempio in faccia) dove il virus rischia di infettare il SNC prima dell'avvenuto sviluppo dell'immunità vaccinale.

 

All'insorgenza dei sintomi neurologici non è disponibile alcuna terapia efficace. Sono stati tuttavia segnalati alcuni casi di apparente guarigione seguendo un protocollo sperimentale (Milwaukee Protocol) che prevede il coma indotto tramite somministrazione di ketamina, midazolam e fenobarbital, allo scopo di sedare l'attivà cerebrale, e un cocktail di farmaci antivirali (ribavirina eamantadina) per stimolare gli anticorpi. Il principio di questo protocollo è di "scollegare" il corpo dal cervello per dare al sistema immunitario un tempo sufficiente a combattere la malattia prima che questa causi danni neurologici irreversibili.

 

I regolamenti per la profilassi e la gestione della rabbia sono contenuti in Italia nel D.P.R. 08/02/1954 n. 320 (artt. 83-92).

Marco Auriemma

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